Altro che impegni mantenuti. L’Imu sulla prima casa si pagherà anche nel 2013. E il balzello, tanto perché alle beffe non c’è mai fine, colpirà in alcuni casi anche chi si era salvato nel 2012.
La brutta sorpresa è contenuta nel decreto approvato in tutta fretta dal Consiglio dei ministri di mercoledì. Sulla carta il provvedimento ha abolito, come aveva promesso la scorsa estate il premier Enrico Letta, la seconda rata dell’imposta municipale sulla casa. Nella realtà, il governo ha deciso di assecondare gli appetiti dei Comuni. In particolare di quelli che nell’anno in corso, per coloro che non sono rientrati nell’esenzione, hanno di nuovo messo mano alle aliquote, sfruttando la forbice del 2 per mille (dal 4 fino al tetto massimo del 6 per mille) prevista dalla legge varata dal governo Monti. La pioggia di rincari, secondo le stime preliminari dell’Anci, dovrebbe generare un extragettito sul 2013 di circa 500 milioni. Un bottino che non rientra nelle risorse complessive per cancellare la seconda rata, che il governo, compresi i terreni agricoli, ha fissato in 2,15 miliardi di euro. Dove trovare il resto? Il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, si è arrovellato per qualche giorno nel tentativo di trovare la quadra. Il testo definitivo del decreto ancora non c’è, ma stando alla nota di Palazzo Chigi, alla fine gli sforzi hanno partorito la soluzione peggiore, per quanto prevedibile: la metà di quei 500 milioni sarà coperta dallo Stato, l’altra metà dai contribuenti.
Non saranno pochi coloro che, malgrado le chiacchiere e le promesse del governo, dovranno comunque passare alla cassa. Secondo i calcoli effettuati dal Servizio territoriale della Uil i comuni che fino ad ora, ma c’è tempo fino al 30 novembre per la chiusura dei bilanci e fino al 9 dicembre per la pubblicazione delle delibere sulle aliquote, hanno rincarato la dose sulla prima casa sono 873 per un totale di prime case che dovrebbe ammontare a circa 3,4 milioni. La metà di queste si trovano negli 11 capoluoghi di provincia che hanno già deliberato gli aumenti. A Milano, Frosinone, Caltanissetta, Cosenza e Vibo Valentia l’aliquota è balzata dal 4 al 6 per mille, a Bologna e Verona si è passati dal 4 al 5 per mille, a Napoli e Benevento dal 5 al 6 per mille, a Genova dal 5 al 5,8 e ad Ancona dal 5,5 al 6 per mille. In tutti questi comuni, seppure ridotta, l’Imu sulla prima casa si pagherà.
Ed è qui che entra in gioco il vero capolavoro del governo. Combinando il meccanismo delle detrazioni con il rincaro delle aliquote, infatti, il giochino ipotizzato da Saccomanni penalizzerà paradossalmente le case di minor valore. L’esempio di Milano è emblematico. I cittadini del capoluogo lombardo con le loro 477.842 prime case dovranno farsi carico di una fetta consistente dell’extragettito. Secondo le prime stime si parla di circa 110 milioni di euro, di cui 55 a carico dei contribuenti. La vera beffa, però, arriverà per le classi più deboli. Una casa della categoria ultrapopolare A/5 nel 2012 era tassata con aliquota al 3,6 per mille e pagava in media 26 euro con la sola detrazione di base e niente con un figlio minore a carico. Nel 2013 con il balzo dell’aliquota al 6 per mille, calcolando solo il 50% della maggiorazione, il calcolo sarà di 76 euro, con un aumento di 50 euro secchi rispetto al primo anno di applicazione dell’Imu.
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