venerdì 25 maggio 2018

Marta Diana lancia il mercato contadino a chilometri zero. "Qualità e sostegno al reddito"

Sono nati a metà degli anni novanta, negli Stati Uniti e nel nord Europa. E qualche anno dopo sono arrivati in Italia dove hanno conquistato la fiducia di milioni di consumatori. I mercati agricoli di vendita diretta sono una delle novità più significative del programma elettorale di Marta Diana, prima donna candidata sindaco nella storia di Boville Ernica. Un progetto, quello del mercato contadino a chilometri zero, sostenuto con forza da "Uniti per Boville", formazione civica che ha nell'area culturale del centrodestra il suo punto di riferimento. "E' uno straordinario esperimento di filiera corta, basato su un ridotto numero di passaggi o addirittura sull'acquisto diretto - commenta Marta Diana - i "farmer's market" hanno avuto uno straordinario successo in Europa. La qualità del cibo, l'attenzione al processo di produzione, il ritorno ad un metodo di agricoltura biologico e sostenibile è una delle sfide del futuro. Non a caso, ad esempio, è stato proprio il cibo uno dei temi più importanti dell'Expo a Milano di qualche tempo fa ed il numero di giovani che si stanno riavvicinando alla terra è qualcosa che ci lascia intendere quale sarà uno dei pilastri dell'economia del futuro. La qualità è la parola chiave, la provenienza da aziende del territorio, la possibilità di un risparmio per il consumatore sono i punti di forza di questa idea". Il lavatoio, nei pressi di porta San Francesco, sembra essere l'area individuata da Diana per allestire il mercato contadino; due piccioni con una fava quindi dal momento che lo spazio in questione, uno dei più suggestivi del centro storico cittadino ha bisogno di essere riqualificato e reso ampiamente fruibile per l'intera cittadinanza. "Boville è uno dei paesi più belli della Ciociaria ed una tradizione importante nell'agricoltura - conclude Diana - il mercato contadino andrà di pari passo con il riconoscimento Dop del nostro olio. E' una misura importante, che porterà valore al nostro territorio e, particolare tutt'altro che secondario, potrà diventare una forma di sostegno importante per il reddito di tante famiglie".

giovedì 24 maggio 2018

Cinque Stelle prosegue il tour. Genovesi : "I nostri avversari hanno poche idee, non sono credibili"

E' iniziato questa sera nella contrada di Panicelli il secondo week end elettorale che vedrà protagonista il Movimento Cinque Stelle, prima forza politica del nostro paese in occasione delle elezioni politiche dello scorso marzo. Il candidato sindaco Fabio Genovesi infatti incontrerà i cittadini di Boville per presentare e far conoscere il programma dei pentastellati.
“Ci sono tanti problemi da risolvere, Boville merita più attenzione e partecipazione. La nostra azione amministrativa sarà incentrata sulla trasparenza, sulla solidarietà che è necessaria per sostenere le fasce più deboli, sulla sostenibilità e sul merito. Una delle prime cose che crediamo necessario fare è valorizzare al massimo le professionalità dei dipendenti del comune, sostenendoli nel loro percorso con una formazione continua; questo ci permetterà di ridurre o di azzerare il ricorso a consulenze esterne con un notevole risparmio per le casse comunali. 
Lavoreremo con particolare attenzione al rilancio socio economico del centro storico e sulla messa in sicurezza degli edifici, in particolare delle scuole. Sono queste le priorità del nostro programma elettorale, un programma a cui abbiamo lavorato in maniera seria e condivisa, con il contributo di tutti mentre abbiamo grossi dubbi sui programmi degli altri, sulla qualità delle loro idee e sull'impegno che ci hanno messo per raccoglierle nei mesi precedenti la campagna elettorale.
Da qualche tempo ascolto le critiche dei nostri avversari che ci rimproverano per la nostra poca esperienza ma sono loro, molti di loro, che non sono credibili e mi riferisco in particolare a chi ha già avuto l’opportunità di amministrare. I risultati che hanno ottenuto sono sotto gli occhi di tutti. Noi parliamo di idee, di turismo, di accesso ai finanziamenti europei, di ospitalità diffusa, della raccolta differenziata, di valorizzazione del patrimonio artistico di Boville. Molti di loro non lo fanno per la semplice ragione che non sarebbero credibili agli occhi della cittadinanza”.

Fabrizi e Genovesi come .. Vialli e Mancini

Era un fiume in piena, Piero Fabrizi. Una simbiosi, un duetto praticamente perfetto con Renato Genovesi. Vialli e Mancini. Uno bravissimo a fare da ariete nelle difese avversarie, l’altro a cucire e rifinire il gioco, uno a servire palloni con il contagiri, l’altro arrabbiato, affamato nel cercare la porta, l’istinto, il gol. Piero, Renato e la Samp di Boskov dei primi anni novanta.

In realtà quella Sampdoria non aveva solo Vialli e Mancini lì davanti ma fior di giocatori nelle retrovie, dallo Zar Vierchowod fino alla locomotiva Lombardo passando per l’esperto Beppe Dossena. E così, Piero ed i suoi hanno provato a mettere su un gioco di squadra niente male.
La prima bordata l’ha tirata Daniele Paluzzi in avvio. “Vorrei chiedere ad alcuni dei candidati sindaco .. loro, quando hanno amministrato, cosa hanno fatto? Noi possiamo dire che ci siamo impegnati a contrastare lo strapotere di Acea e Piero Fabrizi ha votato anche per chiedere la rescissione, gli altri possono dire lo stesso?”.
Il microfono poi è passato nelle mani del sindaco uscente, Piero. Un fiume in piena. “Fare il sindaco è un’esperienza meravigliosa, voglio ringraziare tutti. Oggi la cosa più bella è ripresentarci alla nostra gente al fianco di Renato Genovesi. La sua candidatura è stato il più grande risultato che potevamo ottenere. La partita la stiamo giocando per vincere; questa barca sta tornando al porto con tutte quelle persone che in un momento di grande difficoltà si sono impegnate a fondo.
In dieci anni abbiamo realizzato ben quaranta opere pubbliche, magari non grandissime ma quaranta sono davvero tante soprattutto in un momento di grandissima difficoltà per le finanze pubbliche. I nostri avversari li conoscono tutti e se vincono le elezioni c’è la possibilità concreta che si possano venire a creare delle situazioni davvero poco simpatiche. Uno si presenta con la lista Tu Protagonista ma è lui stesso il protagonista mentre un altro parla di Bene Comune ma è un concetto vuoto, non significa nulla. Cosa abbiamo fatto noi in questi dieci anni se non il bene di Boville?
I nostri avversari promettono tutto a tutti, perfino la sistemazione del cimitero dopo che magari sono stati loro stessi a creare confusione. Per anni siamo stati fianco a fianco poi alcuni hanno preso le distanze e non si capisce il perché. La verità è che non hanno argomenti”. Piero Fabrizi nelle vesti di Vialli che marcato da due avversari riesce a fare da sponda per il dieci doriano, aprendogli lo spazio, il corridoio per puntare alla porta. Decisi ma più pacati, come è nel suo stile, e nello stile del Mancio, i toni del dottor Genovesi quasi a ribaltare il copione, improvvisando. 
“È un onore per me raccogliere il testimone nella squadra di Piero Fabrizi. In questi gironi vedo tanto nervosismo ed un atteggiamento scomposto da parte dei nostri concorrenti. Ci sono tante cose da fare, tanti progetti ben avviati che presto saranno realtà per il nostro territorio e sinceramente credo che bisogna concentrarsi su quelli e sulla programmazione. Dobbiamo guardare avanti, immaginare il futuro di Boville e dei suoi cittadini, in particolar modo i giovani per i quali il rifacimento del tappeto sintetico del Montorli sará un’ opera importante che gli permetterà di proseguire al meglio le loro attività sportive. Bisogna completare la rete fognante nelle zone dove manca quindi interesseremo Acea ed avvieremo un ragionamento il più possibile condiviso in termini di urbanistica ed opere pubbliche e la possibilità di intercettare dei finanziamenti che potrebbero permetterci di realizzare l’auditorium. Dobbiamo migliorare ed ampliare i servizi”.

mercoledì 23 maggio 2018

Di Cosimo : "Riorganizzazione degli uffici comunali e riscossione dei tributi in house"

“Una delle prime cose che faremo sarà la riorganizzazione degli uffici comunali. Bisogna rimettere il cittadino al centro, ascoltare le sue esigenze”. Ha iniziato così il suo comizio a Madonna delle Grazie Memmo Di Cosimo, candidato sindaco della lista Boville Bene Comune. Nella serata di domenica, dopo l’incontro con i cittadini organizzato da Renato Genovesi e da Piero Fabrizi si sono accesi i riflettori sulla lista di Di Cosimo che ha scelto di giocare in casa dopo l’incontro infrasettimanale a Galoppino. Il confronto verbale, naturalmente a distanza, con il sindaco uscente che ha parlato alla cittadinanza prima di Memmo Di Cosimo non è mancato. “Ci vuole più meritocrazia e più attenzione alle risorse umane; non possiamo fare diversamente se vogliamo davvero cambiare le cose nel palazzo comunale. Inoltre, nove responsabili di servizio per il comune di Boville sono troppi, li ridurremo.
La riorganizzazione degli uffici poi sarà importante per avere tempi certi per il rilascio delle autorizzazioni edilizie, pratiche che vogliamo espletare in un tempo massimo di circa novanta giorni. È una misura molto importante per stimolare l’economia cittadina e fare in modo che si torni ad investire sul futuro della città. La stessa cosa possiamo dire per le riscossioni in house per l’ufficio dei tributi e l’aggiornamento dell’anagrafe tributaria.
Tra le nostre priorità poi ci saranno le opere pubbliche, in primis la manutenzione della rete stradale e la valorizzazione dell’area limitrofa allo svincolo della superstrada”.
Quella di Di Cosimo non è l’unica lista a proporre di restituire agli uffici di palazzo Simoncelli il ritorno, almeno parziale, alla riscossione in house dei tributi. Peccato che a Boville, tra le altre cose, non ci sia più una filiale di un qualsiasi gruppo bancario.
“Insieme con la mia squadra, crediamo che non sia giusto andare a chiedere fiducia alle persone e poi disinteressarsi dei i loro problemi una volta andati ad amministrare. Una delle necessità dei cittadini di Boville è quella di avere uno sportello bancario, faremo in modo di riportalo al centro storico”.

Risparmio energetico, cimitero e campo sportivo di San Lucio, Perciballi incontra i cittadini

Tanti i presenti e tanti anche gli argomenti affrontati durante il comizio in piazza a San Lucio domenica pomeriggio. Fra questi, un Piano Regolatore della pubblica illuminazione per abbattere i costi della bolletta energetica, il diritto a una degna sepoltura attraverso la disponibilità di loculi al cimitero, la possibilità di accesso alle strutture sportive per i cittadini. Prosegue dunque la campagna elettorale della squadra di Enzo Perciballi, in vista del voto del dieci giugno prossimo. A San Lucio è stato lo stesso candidato sindaco a presentare i suoi candidati al consiglio comunale. Dopo la presentazione, ha preso la parola la candidata di sezione Anna Verrelli, che ha affrontato i vari problemi della contrada, in particolare il degrado in cui versa il centro sportivo "Giovanni Palleschi" e la volontà di realizzarvi un chiosco per i bambini e le mamme. Poi ha toccato il problema del rifornimento idrico e degli accertamenti fiscali, con le controversie che andranno risolte all’insegna del dialogo fra Amministrazione comunale e cittadini. Un principio questo che si sposa  bene con quello di riportare il Comune fra la gente. Hanno preso la parola anche Giacomo Iozzi, Rocco Picarazzi e Anna Maria Fratarcangeli. Tutti hanno trattato vari aspetti del programma: dalle strutture sportive alla cultura, spaziando alla musicoterapia fino al Consiglio comunale dei ragazzi. Ma soprattutto è stata messa in risalto la volontà di dare nuovamente alle persone la possibilità di credere nelle potenzialità di Boville. Ha chiuso l’incontro lo stesso Perciballi che ha spiegato nei dettagli il progetto del Piano Regolatore del’illuminazione comunale (Pric), che permetterà di rinnovare gli impianti e abbattere i costi della bolletta elettrica fino al 60 per cento. Infine, ha ribadito il diritto a una degna sepoltura per tutti, con il Comune che si impegnerà ad avere sempre loculi disponibili per i casi improvvisi o per chi non si è potuto permettere l’acquisto di una cappella.

Piero Fabrizi, l'ultimo consiglio

L'ultimo consiglio con la fascia tricolore. Mentre in Italia si discute per cercare di mettere in piedi il nuovo Governo, a Boville con Piero Fabrizi siamo ai saluti. 
E' stato il nostro sindaco, Piero. Una parentesi politica durata ben dieci lunghi anni, un cammino durante il quale non sono mancate le soddisfazioni, gli incidenti di percorso, i litigi, gli addi, rumorosi e silenziosi che siano stati. 
In tanti lo hanno criticato negli ultimi tempi; di solito, un sindaco uscente non si ricandida come consigliere. Ed i precedenti, basta guardare Antonio Cinelli a Monte San Giovanni Campano, non sono stati mai troppo incoraggianti. Piero, nonostante l'aspetto un pò troppo casual che non ce ne voglia è dettato più che altro dalla taglia, nonostante l'aria da bonaccione è uno che la politica la conosce piuttosto bene. Ha iniziato a farla da ragazzo, con il Partito Socialista. Con personaggi che sono stati dei maestri, con compagni che sono "arrivati". Lui compreso, naturalmente.

In questi dieci anni tante cose sono state fatte. Tante altre potevano essere fatte meglio e molte altre sono state, semplicemente, fatte male. 
Piero Fabrizi ha scelto di metterci la faccia. Di parlare alla gente di Boville. Nelle case, nei comizi, nelle contrade. A fianco di Renato Genovesi, in prima persona. Un merito che gli va riconosciuto.
L'ultimo consiglio comunale. Radio Boville ci sarà come sempre. Quasi sempre. 

Ci stringeremo la mano. 

martedì 22 maggio 2018

Convocato il consiglio comunale

Sarà l'occasione per stringere le mani, tirare le somme dei dieci anni che lo hanno visto sullo scranno più alto di palazzo Simoncelli. E per ringraziare tutti, presenti ed assenti. Sarà l'ultimo consiglio comunale di Piero Fabrizi nelle vesti di primo cittadino di Boville Ernica.

Saluterà la cittadinanza anche Michele Rotondi, sindaco di Boville dal 2003 al 2008 che non sarà ricandidato alle prossime amministrative e quindi non lo vedremo sui banchi del consiglio comunale dopo tanti anni trascorsi sui banchi di maggioranza ed apposizione. A convocare l'assise, per la serata del ventinove maggio, è stato il presidente dell'assise cittadina, Angelo Fabrizi.
Dopo le comunicazioni di rito, l'assise civica sarà chiamata ad approvare la variazione al bilancio di previsione per l'annualità in corso così come previsto dal Testo Unico per gli enti locali. Successivamente si passerà all'approvazione del rendiconto di gestione per l'annualità appena trascorsa.

Pan e' pr'sutt, Perciballi vince il secondo round

Gli stessi personaggi che nel 2013 addentavano panini con la porchetta, pizza, pecora al sugo, fave e pecorino e tanto altro ben di Dio, sempre innaffiato da buoni bianchi, hanno iniziato la campagna elettorale criticandolo. Aspramente. Tutti contro Enzo Perciballi per due pizzette, qualche cassa di prosecco e due cestini di panini offerti in occasione della presentazione della lista.

E lui, Perciballi, ha risposto ironia. Invitando per una degustazione gastronomica i cittadini di Boville in piazza a San Lucio. Scrivendolo, addirittura sui manifesti. Quasi una provocazione.
Basterebbe questo per assegnare a lui il premio Pan' e pr'sutt di questa settimana. Cum laude.

Tornando alle cose più serie, consigliamo allo chef di rivedere le pennette al pomodoro. Ottima la pizza, servita negli intervalli tra una portata e l'altra, notevole la carta dei vini con ampia scelta tra rossi e bianchi serviti sempre alla giusta temperatura. Un tocco di riguardo anche agli astemi con un tavolo ricco di succhi d'arancia e bibite gassate.
Poi un inno a Proust, la pecora al sugo. Superba, non troviamo un aggettivo migliore. Talmente buona da azzupparci il pane .. e non poteva andare a nessun'altro, tranne che ad Enzo Perciballi il riconoscimento di Pan' e pr'sutt di questa settimana.

Stay tuned.

Diana : "Tagliare gli sprechi per tagliare le tasse"

Tagliare le tasse. E' questa la stella polare del programma di Marta Diana, candidata sindaco della lista Uniti per Boville. 

Negli ultimi quindici anni, in tutta Italia, la pressione fiscale degli enti locali è più che raddoppiata, andando ad incidere in maniera sempre più significativa sulle tasche di famiglie ed imprese. Boville non fa eccezione naturalmente, anzi. Una considerazione questa che ha spinto Diana e la sua squadra a lavorare su una piattaforma programmatica incentrata sulla riduzione dei costi e quindi delle tasse, evitando di mettere le mani in tasca ai cittadini.

"Il nostro primo impegno sarà quello di ridurre le tasse ai cittadini di Boville - attacca subito Diana- rendere più leggero il carico della pressione fiscale è fondamentale per dare respiro all’economia del nostro territorio. Partiamo da una considerazione, molto semplice: il dover di un buon amministratore è quello di sfruttare al meglio le risorse che ha e non quello di continuare a mettere le mani in tasca ai cittadini. E' vero che la tassazione da parte degli enti locali è cresciuta in tutta Italia ma a Boville questo incremento è stato ancora più significativo. 
Noi vogliamo tagliare questi balzelli e l'unico modo per farlo è tagliare gli sprechi: più controllo della spesa, più efficienza, meno responsabili di servizio, meno costi per i servizi e per l’energia, meno indennità suppletive per i responsabili di servizio, meno costi in particolar modo per gli edifici pubblici l’illuminazione stradale". La ricetta di Diana quindi è quella di meno tasse e più investimenti che ovunque è stata applicata ha portato benefici in termini di efficienza e crescita economica. Tra le novità che la prima donna candidata sindaco vuole introdurre nella gestione di palazzo Simoncelli anche il baratto amministrativo che è stato particolarmente apprezzato in tante realtà locali ed il cui iter è stato avviato anche a Veroli.
"Torneremo alla gestione in house del servizio dei tributi. Molti oggi dicono di volerlo fare ma le loro scelte sono in controtendenza con quanto fatto in precedenza. 
Mettiamo in chiaro un concetto molto semplice : i cittadini di Boville che non pagano non sono affatto degli evasori ma piuttosto delle famiglie in difficoltà che in comune troveranno amministratori e funzionari disposti ad ascoltarli ed a venire incontro alle loro problematiche. Inoltre, introdurremo il baratto amministrativo che sta funzionando il tante realtà in Italia: daremo alle persone in difficoltà la possibilità di essere esonerati dal pagamento svolgendo dei lavori di manutenzione per l’Ente".

Boville, scontro play out contro i cugini del Veroli

E' uno spettro che ha inseguito il Boville per buona parte della stagione. Per poi materializzarsi, all'ultima giornata. E costringere i rossoblù a giocarsi la salvezza nello spareggio fraticida contro i giallorossi del Veroli.
Domenica scorsa infatti, in occasione dell'ultima giornata di campionato, con la banda di Di Rienzo che osservava un turno di riposo, le notizie dagli altri campi hanno fatto scivolare i rossoblu nei bassi fondi della classifica; la vittoria del San Giovanni Incarico, proprio contro il Veroli, ha regalato a Sabetta e compagni la matematica certezza della permanenza nel campionato di Prima Categoria. Lo stesso è accaduto al "Dante Popolla"di Ceccano dove i fabreterni non sono riusciti ad arginare un San Bartolomeo combattivo e determinato ad uscire dalle sabbie mobili della classifica.
Boville contro Veroli quindi. In un derby fraticida che vede protagonisti tantissimi ex, primo tra tutti mister Marco Di Rienzo, lo scorso anno bravo a centrare la salvezza in extremis proprio sulla panchina dei giallorossi. I confronti tra le due formazioni nel corso di questa stagione sono terminati con la vittoria dei giallorossi sul terreno di gioco dell'"Alberto Sordi" di Torrice; sconfitta vendicata al "Montorli" di Boville grazie anche alla prima rete tra i "grandi" di Lorenzo Paglia, bomber della juniores del Boville. Sarà di buon auspicio per il Boville?

lunedì 21 maggio 2018

La guerra dei manifesti elettorali

Sono riapparsi perfino tra le rovine di Ercolano e Pompei. Erano incisioni, disegni sui muri; Gutenberg sarebbe arrivato soltanto quindici secoli dopo.

I manifesti elettorali sono al centro della comunicazione politica. Da sempre. E la campagna elettorale di Boville, quella con i “magnifici sette” non è da meno. La guerra dei manifesti è iniziata, stavolta con il fuoco di fila sulla lista di Enzo Perciballi, “costretto” a scusarsi in occasione del comizio che ha tenuto a San Lucio per l’eccessiva intraprendenza dei suoi attacchini.
È umano sbagliare. Non è da tutti riconoscere gli errori, propri o dei collaboratori, errori grandi o piccoli. E chiedere scusa.
Non è la prima campagna elettorale in cui accadono queste scaramucce e non sarà nemmeno l’ultima.
Il confronto si sta spostando progressivamente sulla rete e chi più di Radio Boville, nata nel 2007 quando I baucani erano armati del vecchio modem 56k, può esserne più felice?
Tuttavia il vecchio manifesto conserva ancora il fascino del sapore antico.

Esagerare non è mai bello e nella notte tra sabato e domenica quei ragazzi hanno esagerato. No, bisogna rispettare le regole. E l’ambiente.


Insieme a questi ragazzi però hanno esagerato anche tutti gli altri e ci riferiamo ai protagonisti della politica baucana. La campagna elettorale è un momento per confrontarsi, per valutare la qualità delle idee e delle proposte. E poi, a qualche candidato, a qualche sostenitore presente e passato di questa o quella lista vorremmo ricordare la scorsa campagna elettorale, quella del 2013. I manifesti venivano affissi ovunque. Perfino sui cartelli stradali. Da tutte le liste. E da una in particolare. Quella dell’allora sindaco uscente.
Molti di quelli che oggi ricordano le regole del buon confronto democratico allora non si lamentavano. Non ricordano l’osceno manifesto affisso a Scrima, sulla cartellonistica stradale. In confronto, le bacheche sono roba da educande.

E se proprio vogliamo dirla tutta, le affissioni sui cancelli e sulle proprietà private che vediamo in questi giorni sono regolari fino ad un certo punto. Ognuno è libero di fare quello che meglio crede con la sua proprietà e ci mancherebbe altro ma due recenti disposizioni della giunta comunale hanno di fatto vietato l’affissione dei manifesti elettorali negli spazi non consentiti.

Poi, come sempre, in Italia si chiude un occhio usando quella regola non scritta che è il buon senso. Ed è giusto così. Tra quindici giorni o poco più la campagna elettorale finirà. Ai cittadini di Boville interessa davvero poco dei manifesti. E vorrebbero parlare di manutenzione delle strade, del cimitero, della differenziata, di come risparmiare qualche euro sull’illuminazione delle strade. E non ultimo, della scuola e della cultura. 

La cultura di non fare la guerra dei manifesti. La cultura di mettere in difficoltà l'avversario con la buona politica, le idee e le proposte.

Il taglio degli stipendi. Prima ancora dei grillini

Prima di Beppe Grillo. Se il dimezzamento dell’indennità, e più in generale il taglio di parte dello stipendio dei politici è diventato il cavallo di battaglia nell’Italia negli anni della Grande Crisi, a Boville siamo stati tra i primi a percorrere questo sentiero. Prima di Beppe Grillo, appunto.

Era il 2003, eravamo appena entrati nella moneta unica ed il crollo delle borse mondiali dopo l’undici settembre stava spingendo al rialzo le quotazioni dell’immobiliare. Per I baucani sembravano gli anni della Cornucopia, l’età dell’oro.
Detto questo, il nostro comune era pesantemente indebitato per via dei numerosi investimenti dell’epoca Mastrantoni. Investimenti per buone idee e spese folli per progetti di opere mai realizzate.
Non si potevano chiedere ulteriori linee di credito. Anzi, bisognava abbattere quel debito tagliando le spese.

E fu così, negli anni in cui Grillo era soltanto un comico, che la squadra di Michele Rotondi si presentò alla cittadinanza promettendo di tagliarsi della metà l’indennità in caso di affermazione elettorale. Di quella squadra facevano parte Marta Diana ed Alberto Paglia, Stefania Rotondi e Claudio Iori. Fu la prima, storica, vittoria di una forza politica alternativa alla sinistra dopo quasi mezzo secolo di amministrazione della città.

No, non è l’idea più bella del mondo amministrare con molti meno soldi da spendere e prendendo uno stipendio che è esattamente la metà del tuo predecessore. 

I meriti, ogni tanto, vanno riconosciuti.

sabato 19 maggio 2018

Gennaio del 1861, la battaglia di Bauco. Fu l'ultima grande vittoria per i "briganti" filo borbonici



di Fernando Riccardi

Nel lungo e travagliato decennio del brigantaggio post-unitario non c’è mai stata una battaglia vera, una di quelle in campo aperto. Ci fu, invece, tutta una serie di scontri repentini, di agguati improvvisi e fulminei, di colpi di mano, di azioni mordi e fuggi con le quali gli insorgenti filo borbonici riuscirono a mettere a mal partito il ridondante, e spesso inadeguato, esercito piemontese.. Un’eccezione, in tal senso, è ciò che accadde a Bauco, l’odierna Boville Ernica1, il 28 gennaio del 1861. Bauco era, ed è tuttora, un piccolo paese raggomitolato su di una modesta altura, protetto, fin dall’alto Medio Evo, da una robusta cinta muraria. Una terra di confine, se così si può dire. Pur essendo possedimento papalino, Bauco si trovava a ridosso della linea di demarcazione che fino al settembre del 1870 ha separato il regno borbonico prima e quello d’Italia poi, dallo Stato della Chiesa. Una striscia di territorio dove le bande godevano di una libertà di movimento pressoché assoluta. In caso di pericolo passavano facilmente da una parte all’altra lasciando gli inseguitori, costretti ad arrestarsi alla frontiera, con un palmo di naso.
Cosa che dava molto fastidio ai piemontesi i quali, ad onta dell’enorme dispiegamento di uomini e di mezzi, non riuscivano a venire a capo della rivolta. La minaccia per il comando sabaudo di Sora era costituito dalla grossa banda, più di 400 uomini, del conte alsaziano Theodule De Christen alla quale si erano aggiunti i “selvaroli” di Chiavone, accampata nei pressi dell’abbazia di Casamari. In territorio papalino, quindi, ma non così distante da non poter piombare in breve lasso di tempo a Sora e dintorni.  Il 22 gennaio del 1861 il generale De Sonnaz ordinò ai suoi soldati di oltrepassare il confine e di marciare contro i briganti. Colti di sorpresa e nettamente inferiori di numero gli insorgenti si ritirarono andandosi a trincerare nella munita cittadella di Bauco.
I piemontesi, nel frattempo, stizziti dalla fuga dei briganti, non seppero frenare la loro ira e misero a ferro e a fuoco il monastero5. Qualche giorno dopo (28 gennaio) una nutrita colonna di granatieri mosse all’attacco di Bauco sperando di risolvere la contesa in un battibaleno. E invece l’accanita resistenza dei difensori spense assai presto la loro baldanza.  Per ben tre volte i piemontesi provarono a superare il fitto fuoco di sbarramento ma furono respinti lasciando sul terreno numerosi morti e feriti.
Nel corso della giornata lo scontro divenne aspro e si giunse anche ad un accanito corpo a corpo. I difensori, giovandosi della posizione favorevole, riuscirono a respingere gli assalti grazie anche ad un fitto lancio di pietre. Fu una lotta feroce, senza esclusione di colpi, con italiani che si battevano contro altri italiani.  Ai piemontesi, infatti, si opponevano non solo i briganti di Chiavone ma anche un nutrito nucleo di ex soldati borbonici provenienti dalla Sicilia. A Bauco, in quel gennaio del 1861, si scontrarono due Italie: quella ricca e prepotente del Nord e quella povera e cenciosa del Sud.  Constatate le gravi perdite, da parte sabauda partì la proposta di interruzione delle ostilità e di patteggiamento che fu subito accolta da De Christen.
Si addivenne, dunque, ad un accordo che per l’esercito di Vittorio Emanuele aveva l’amaro sapore della sconfitta. De Sonnaz, recuperati morti e feriti, fu costretto a ritornare con le pive nel sacco a Sora, dopo aver giurato sulla sua parola di ufficiale di non rimettere più piede in territorio papalino. Gli insorgenti avevano ottenuto una netta e inaspettata vittoria. Le truppe regolari piemontesi erano state sconfitte da una banda di irregolari. Davvero un grave smacco per l’esercito sabaudo e per i suoi impettiti generaloni abituati a trattare le derelitte genti del meridione alla stregua di incivili selvaggi dell’Africa nera.  Un evento questo che non modificò, né poteva farlo, le sorti di una guerra senza speranza, già persa in partenza.
Ad ogni modo fu anche grazie alla battaglia di Bauco che i nuovi governanti compresero finalmente lo scenario cui si trovavano di fronte. Non si trattava di eliminare una sparuta accozzaglia di ladruncoli e di furfanti, come qualcuno voleva far credere all’opinione pubblica, bensì di arginare quella che si era ormai trasformata in una vera e propria sollevazione popolare e che stava avvampando con particolare virulenza tutta la porzione meridionale della Penisola.
Alla fine, grazie all’impiego massiccio dell’esercito e a drastiche misure legislative, il fuoco della rivolta su sopito.  I costi, però, specie in termini di vite umane, sull’uno e sull’altro fronte, furono drammatici. Interi paesi finirono per essere svuotati ma anche il cammino dei soldati piemontesi nelle desolate lande del meridione fu costellato di croci e di cimiteri.  L’esercito sabaudo, in quel lungo decennio, subì più perdite di tutte quelle fatte registrare nelle guerre di indipendenza messe assieme.  Una tragica ecatombe che si sarebbe potuta evitare. Proprio come quella cruenta battaglia di Bauco che, alla fin fine, fece registrare un altro inutile spargimento di sangue. Di sangue italiano.
Il 26 agosto del 1905 alcuni cittadini presentarono al sindaco di Bauco una singolare petizione: chiedevano, infatti, che si fosse proceduto a cambiare il nome del paese. “Non è un capriccio che ci spinge a rivolgere una simile domanda ma è una necessità. Il nome Bauco ha dato e dà luogo a molti inconvenienti e tra i tanti quello che ha un gran numero di nomi di altri paesi che gli somigliano. Quindi il permanente pericolo che la corrispondenza che dovrebbe giungere qui su, vada invece altrove”. E poi ancora: “Il nome Bauco non è certo un nome che suoni bene all’orecchio né è un nome che significhi qualche cosa, anzi in altre province il nome Bauco ha un significato tutt’altro che lusinghiero”. Il che, ad onor del vero, è arrivato ai giorni nostri o quasi. Ricordo, infatti, che tra ragazzi ci si prendeva in giro dicendo: “Sembri un baucano”, volendo con tale termine significare una persona poco sveglia e dall’intelligenza limitata. Tornando a quel documento, i petenti chiedevano a gran voce che fosse ristabilito “l’antico nome di Boville” aggiungendovi “l’appellativo di Ernica per distinguerla dalla Boville Albana che era a poche miglia da Roma, lungo la Via Appia”.
Di qui la conclusione: “Boville o Boville Ernica quindi dovrebbe essere il nome che con maggior fortuna potrebbe sostituire il nome Bauco e noi per l’affetto che nutriamo per il nostro paese, nella speranza che il nome nuovo inizi una vita nuova ed un forte risveglio di tutte le forze e di tutte le energie…”. Il testo originale della petizione è conservato nell’archivio comunale di Boville Ernica. Ringrazio sentitamente l’ex sindaco Michele Rotondi per avermene messo a disposizione una copia. La richiesta dei cittadini fu accolta e così, nel 1907, Bauco diventò Boville Ernica. Da qualche tempo, comunque, qualcuno sta pensando seriamente di ritornare al passato e di ripristinare il vecchio nome. Uno dei più convinti assertori dell’idea, per molti versi rivoluzionaria, è Ruggero Mastrantoni che fino al 2003, e per un decennio. è stato primo cittadino di Boville.
Non ci meraviglieremmo, dunque, se, di qui a qualche tempo, il paese dovesse tornare a chiamarsi Bauco, proprio come un tempo. Soltanto con la “Convezione di Cassino” (24 febbraio 1867), grazie ad un preciso accordo con il governo pontificio, le truppe italiane ebbero la possibilità di continuare ad inseguire i briganti anche al di là delle linea di demarcazione con lo Stato della Chiesa. Nato nel 1835 a Colmar, figlio cadetto di una nobile famiglia alsaziana, si dedicò con profitto alla vita militare. A soli 25 anni era già diventato colonnello nell’esercito francese. Fervente cattolico e convinto legittimista, nel 1860, venne in Italia per partecipare alla difesa dello Stato Pontificio. Quindi si portò a Gaeta dove Francesco II di Borbone tentava di resistere ai piemontesi. Formò un corpo di volontari stranieri con il quale prese parte valorosamente all’insorgenza filo borbonico nel meridione d’Italia.
Catturato dai piemontesi e condannato a dieci anni di reclusione, venne rinchiuso prima nel bagno penale di Nisida e poi nel carcere di Gavi, in Piemonte. Rimesso in libertà dopo due anni grazie ad un provvedimento di amnistia, De Christen tornò a Roma per difendere lo stato del papa. E nella città eterna rimase fino al 1870 quando irruppero i piemontesi. Morì poco dopo, a soli 35 anni, a causa di una grave malattia. Per saperne di più cfr. Theodule de Christen, Journal de ma captivité, suivi du récit d’une campagne dans les Abruzzes, versione italiana, Malta 1866.
Luigi Alonzi, alias “Chiavone”, nacque a Sora, in contrada La Selva, nel 1825. Suo nonno Valentino era stato uno dei più fedeli luogotenenti di Gaetano Mammone che molto si era distinto nel 1799 nell’alta Terra di Lavoro. Dopo l’avvento dei piemontesi e la fuga dei regnanti borbonici prima a Gaeta e poi a Roma, divenne tra i più audaci e convinti sostenitori del deposto re Francesco II nel sorano e nei paesi limitrofi. Postosi alla testa di un folto gruppo di “selvaroli” iniziò a contrastare con le armi le iniziative del nuovo governo rendendosi protagonista di numerose azioni che riscossero l’apprezzamento della centrale borbonica che, dall’esilio romano, dirigeva le operazioni legittimiste nel territorio dell’ex regno. Proprio in virtù di tali imprese fu nominato prima Generale e poi “Comandante in capo delle truppe del Re delle Due Si cilie”. Ben presto, però, entrò in contrasto con la visione più militare degli altri capi legittimisti stranieri giunti sulle montagne di Sora per dirigere le operazioni di guerriglia. Nell’estate del 1862 i dissidi diventarono insanabili e culminarono con l’arresto dell’Alonzi. Un improvvisato tribunale di guerra presieduto dal Tristany condannò Chiavone alla pena di morte. Il 28 giugno, alle prime luci dell’alba, in una radura della valle dell’Inferno, un plotone di esecuzione eseguì mediante fucilazione la sentenza. Con lui fu giustiziato anche il fido segretario Lombardi.
Qualche tempo dopo i loro corpi furono bruciati e del generale Chiavone non rimase che uno sparuto mucchietto di cenere. Al riguardo cfr il bel libro di Michele Ferri-Domenico Celestino, Il brigante Chiavone. Storia della guerriglia filoborbonica alla frontiera pontificia (1860-1862), Edizione Centro Studi Cominum, Tipografia Editrice Pasquarelli, Sora 1984. 5 “Nel 1861 Casamari visse un’altra triste pagina della sua plurisecolare storia. Il 16 gennaio, il conte De Christen, fedele al re delle Due Sicilie, accampato da diversi giorni con 287 soldati, compresi i realisti di Chiavone, nei pressi di Santa Francesca, a pochi chilometri da Veroli, espresse il desiderio di fare tappa a Casamari, prima di raggiungere Sora per tentare di riconquistarla; chiese, perciò, all’abate (Michelangelo Gallucci, nda) ospitalità per sé e per la sua truppa. Temendo che il monastero si trasformasse in teatro di battaglia il Gallucci non acconsentì alla richiesta.
Quattro giorni dopo, fallito il tentativo di riprendere la città di Sora al nemico sabaudo, il conte De Christen, insieme al Chiavone, fu costretto alla ritirata e, giunto a Casamari, con la truppa, chiese nuovamente all’abate ospitalità per i suoi soldati stanchi e affamati. L’abate acconsentì, inizialmente, solo al ristoro dei soldati; dietro forti insistenze del conte, dovette, però, cedere alle sue richieste e ordinò, così, ai monaci di sfamare i soldati e, subito dopo, di condurli al fienile per riposarsi. Trascorso qualche giorno, il 22 gennaio, la truppa, avuta notizia che l’esercito piemontese aveva oltrepassato i confini pontifici e che alcuni dei suoi soldati facevano fuoco dalla cappella di Reggimento, decise di lasciare in tutta fretta Casamari e di portarsi a Bauco. Mentre quei soldati marciavano verso la cittadina campanina, Casamari si vide circondata da duemila soldati piemontesi i quali credendo che i realisti e i chiavonisti fossero asserragliati dentro le mura monastiche, cinsero d’assedio l’abbazia e, con atti vandalici, la saccheggiarono, diedero fuoco alla farmacia, legandovi dentro il religioso fr. Michele Cianchetti che miracolosamente riuscì a liberarsi prima di essere avvolto dalle fiamme, al fienile, al forno, all’ufficio del cellerario, danneggiarono statue e crocifissi, si impossessarono dei paramenti, dei vasi sacri e, perfino, della pisside le cui ostie furono disperse e profanate… Verso sera, finalmente, i soldati lasciarono l’abbazia e i monaci, duramente provati, ma fortunatamente tutti vivi, rimasero a contare le rovine. Informato dell’accaduto, Pio IX, profondamente addolorato, inviò alla Comunità, insieme alla sua apostolica benedizione, un sussidio di 370 scudi d’oro, un calice d’argento, un ostensorio, tre pissidi e alcune pianete di damasco” (Luca Molignini, Gli abati claustrali dell’Abbazia di Casamari.
Dall’introduzione della riforma trappista (1717) all’erezione canonica della Congregazione di Casamari (1929)”, Edizioni Casamari, Tipografia Francati, Isola del Liri 2007, pp. 151/153). A Boville Ernica vi è una lapide marmorea che ricorda il sacrificio dei soldati piemontesi. “Ai Granatieri del 3° Reggimento che da Sora quassù persequendo la reazione borbonica caddero eroicamente il 28 gennaio 1861”. Nessun accenno, ovviamente, alla grave sconfitta patita. Né un ricordo per gli insorgenti filo borbonici che in quell’occasione persero la vita. Eppure anch’essi combattevano per un ideale. Per conoscere nei dettagli la battaglia di Bauco cfr. Modesto Arcangeli, Memorie storiche di Bauco, ristampa anastatica dell’edizione del 1891, Tipografia “La Monastica”, Abbazia di Casamari, 2001, pagg. 109/119. 8 In una lettera inviata a Cavour il 27 ottobre del 1860, Luigi Carlo Farini, primo luogotenente di Napoli, così scriveva: “Altro che Italia! Questa è Affrica: i beduini, a riscontro di questi caffoni, sono fior di virtù civile” (Ottavio Rossani, Stato società e briganti nel Risorgimento italiano, PianetaLibro Editori, Lavello 2002, pag. 23).