domenica 25 marzo 2018

Il sarcofago, Giotto e ... una nobildonna romana


In occasione della giornata "Primavera del Fai" che si sta svolgendo proprio in queste ore nel centro storico di Boville Ernica, riceviamo e pubblichiamo, dalla giovanissima Maddalena Mizzoni, alunna della classe seconda media, un testo che ci parla del sarcofago paleocristiano rinvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale nella contrada di Sasso. 
Un testo che, tra riferimenti storici ed un pizzico di fantasia, descrive uno dei tanti tesori artistici custoditi a Boville Ernica, recentemente oggetto di approfondimento della trasmissione Voyager, in onda sulle reti Rai. 
"C'era una volta ... - Un re - direte subito voi. No, avete sbagliato. C'era una volta un sarcofago di marmo. Non uno di quei sarcofagi conservati nei musei o nelle catacombe romane. splendidi e preziosi, ma un semplice sarcofago, largo 208 cm., alto 54 cm. e profondo 66 cm. con delle bellissime incisioni. L'ho commissionato io nel IV secolo d. C.. All'epoca avevo 20 anni.
Sono una giovane nobildonna romana, figlia di un importante patrizio molto vicino all'Imperatore Costanzo II. Ricordo che mi recai con mio padre in una delle officine vicino al più importante cimitero dell'Urbe, ci lavoravano tanti giovani scalpellini. Ma fui attirata da uno di loro che mi sembrava il più bravo.
Mio padre non voleva spendere troppi soldi per il mio sarcofago o per quello di mia madre, e comunque voleva spendere meno rispetto a quello che aveva scelto per lui, ma mi ha sempre voluto bene e, infatti, a differenza di molte altre mie compagne sono stata istruita, non solo per le faccende di casa. Addirittura ho potuto studiare letteratura, astronomia e scienza, tutto ciò che desideravo apprendere, rinunciando ai numerosi pretendenti che avevo e, cosa inaccettabile per la mia epoca, non mi sono mai sposata. Sono stata battezzala nel famoso battistero di San Giovanni in Laterano, che originariamente era un ninfeo e che dopo l'editto di Costantino è stato dedicato al culto cristiano.
Ho scelto per il mio sarcofago un elegante marmo bianco, con la cassa rettangolare chiusa da una lastra. Ho fatto scolpire sul davanti del sarcofago un cancello con battenti a grata - con rotelle di scorrimento e serratura - e con pilastrini laterali: un motivo decorativo molto originale per i miei tempi. Ho voluto sull'alzatina del coperchio delle immagini tratte dal Vecchio e Nuovo Testamento.
A sinistra la scena dei Tre Fanciulli Ebrei, condannati dal sovrano babilonese Nabucodonosor (quello dei famosi giardini di Babilonia) ad essere arsi vivi sulla fornace a causa del loro rifiuto di adorare un idolo d'oro e tuttavia rimasti illesi.
Al centro una tabella, sorretta da geni alati, ma senza iscrizione. Avrei voluto mettere il mio nome ma all'epoca nessuno lo ha fatto e dopo il mio nome è stato dimenticato, come è accaduto anche ad Ermengarda, ma a me nessuno finora ha dedicato un'opera.
A destra ho fatto scolpire il "presepe", la Natività di Gesù e la sua Epifania, con i pastori e i re Magi che stanno per compiere l'Adorazione del Bambino. Un'immagine del nuovo testamento che ho sempre amato. Se guardate con attenzione c'è una misteriosa figura femminile seduta a terra, tra Gesù e la Madonna.
Ho sentito che ancora oggi gli studiosi discutono per la sua identificazione, senza capire che sono proprio io. Molti studenti che vengono a vedermi si fanno una cosa che chiamano  "selfie" davanti a me ... ecco, a quanto pare anche io "mi sono fatta  un selfie".
Mi sono sempre piaciuti gli enigmi, pensandoci bene qualche mio antenato egiziano deve avermi trasmesso la passione per i misteri e come dire ... me ne sono portato uno nella tomba. Che umorismo macabro!
Infatti se venite a vedere il mio sarcofago è bucato in più punti, con dei fori molto evidenti. La posizione di questi fori ha incuriosito diversi storici e studiosi e finalmente, solo negli ultimi anni, hanno capito uno dei miei segreti: si tratta di una mappa stellare. Ma non una qualsiasi, ho voluto ricordare la posizione  delle stelle nel momento del concepimento di nostro signore Gesù Cristo.
Il povero scalpellino per soddisfare tutte le mie richieste ha realizzato lo scena con delle particolari deformità, sproporzioni e parti mancanti non giustificabili con la tecnica scultorea, non perché non fosse capace ma perché non riusciva a conciliare tutti gli elementi che gli avevo commissionato.
I fori infatti rappresentano la posizione dei pianeti la notte dell'Annunciazione a Maria.
E infine la cometa, che come evidente rappresenta la stella di David, è tutta opera dello scalpellino, ebreo, non l'ho scelta io, ma mi piace perché un ulteriore tocco di mistero.
Mentre lo scalpellino completava l'opera io mi ritirai in campagna.
Vi starete chiedendo perché pensavo già alla morte, ero molto giovane per far realizzare il mio sarcofago. In realtà ero malata già da tempo e la mia famiglia aveva consultato tutti i più importanti medici dell'Urbe senza però riuscire a capire cosa avessi. Mi mandarono in campagna, nella nostra villa in contrada Saxum a Boville, sapevo che mi sarei sentita meglio. L'aria era più fresca, rispetto a quella della movimentata Roma e le passeggiate in mezzo agli ulivi erano piacevoli e mai stancanti. Intorno alla mia villa c'era un vigneto a cui ero molto affezionata, che dava un'ottima uva. Mentre passeggiavo per questa vigna mi spensi. Non ricordo più nulla di ciò che avvenne dopo, finché nella primavera nel 1941 non tornai alla luce.
Il ritrovamento del mio sarcofago avvenne in modo del tutto casuale durante i lavori agricoli nella campagna, più precisamente in contrada Sasso, dove si possono ancora individuare i resti della mia villa romana.
Sentii battere a lungo e forte, pensavo che avrebbero frantumato tutto, fortunatamente  lo avevo fatto realizzare in marmo e non in pietra.
Sentii parlare con un accento strano, simile al mio, ma non era latino, con il tempo ho capito che si trattava di dialetto ciociaro, derivante dalla lingua italiana, a sua volta derivante dalla lingua latina. Capii subito che si trattava di contadini, felici perché pensavano di essersi imbattuti nella cassa di un tesoro, beh, non avevano tutti i torti. Alla fine non sono rimasti soddisfatti quando hanno visto le mie ossa. Malgrado il marmo, avendo usato picconi e zappe, riuscirono a rompere e danneggiare il mio sarcofago.
Dopo non poche peripezie sono arrivata in un bel borgo, medioevale mi dicono.
Passato un periodo di restauro (molti pezzi del mio sarcofago erano stati presi da alcuni contadini) fui esposta nel 1947 nella chiesa di S. Pietro Ispano e sono stata consacrata dal Vescovo Baroncelli (di un paesino vicino, Veroli pare) diventando un altare, dunque in una posizione di rilievo nella chiesa più antica e rinomata del paese.
Sono passati molti anni ed ora non sono più un altare, sono stata collocata in una cappella laterale, di fronte ho una grande opera d'arte, un mosaico realizzato da un famoso artista, Giotto di Bondone. Anche  il mio dirimpettaio ha avuto una storia avventurosa, a volte  ne parliamo e condividiamo lo stesso buio. Viene poca gente a trovarci ma soprattutto non ci sono mai le luci accese.
Penso che non siamo valorizzati abbastanza, quando viene qualcuno non riescono a trovare la luce e sono costretti ad accendere le torce degli smartphone per osservarci. Non c'è mai una guida che possa spiegare la nostra storia ed il nostro valore artistico.
Qualche volta hanno provato a far spiegare ai ragazzi, anche io sono stata una giovane e avida studentessa, ma spiegare l'arte è difficile. Il periodo artistico paleocristiano è stupendo, interessante ma complesso e necessiterebbe di guide esperte, con conoscenze specifiche, trasversali, capacità di linguaggio ed approfondimento, per spiegare ed appassionare i visitatori.
Ogni tanto arrivano alcuni visitatori che dicono di essere stati alla Pro-loco e alla Biblioteca pubblica a chiedere informazioni, ma non ottengono mai molte notizie, mi sembra che siano più morti di me".


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