Non possono andare a sinistra. Semplicemente perché non c’è spazio.
Non hanno nemmeno una cultura politica sufficientemente realista per virare verso il centro. Il primo partito a Boville ormai è il Movimento Cinque Stelle, la Lega di Salvini ha il vento in poppa e Berlusconi, almeno stando agli ultimi risultati di marzo, insegue a ruota.
Il Pd a Boville è alle corde, diviso tra la sensazione di nostalgia ed il desiderio di gettare la spugna. La Boville rossa di qualche anno fa insomma è solo uno sbiadito ricordo. Meno male, verrebbe da dire.
Pochi mesi prima della caduta del muro di Berlino e in via di dissolvimento il regime sovietico, a Boville ebbero la geniale idea di mettere in naftalina l’unico sindaco amato dal popolo, Alfredo Verrelli. Parlavano di rinnovamento e finirono per eleggere a primo cittadino, Alfredo Luffarelli, che era persino più anziano di lui, di Verrelli; fu così che, per la prima volta, i rossi persero le elezioni. Sul calendario di una data storica e non solo per la sfortunata spedizione azzurra ad Italia 90, il Mondiale di casa. Le “notti magiche” avevano lasciato tanto amaro in bocca ai tifosi azzurri, tanti soldi nei forzieri delle imprese edili baucane e ci regalarono una Boville diversa.
Scudo crociato e garofano al posto della falce e del martello ma la teoria marxista, per forza di inerzia, resistette per un po’ nelle menti e nei cuori dei militanti.
Defunto il Pci, caduta l’amministrazione democristiana, i rossi tornarono in pista con accordi e manovre di palazzo. Nel 1994 la resa dei conti con Alfredo Verrelli che tornó al centro della scena ma perse di pochissime preferenze contro Mastrantoni che dalla sua aveva il simbolo, Vanga e Stella. Naturalmente rossa, la stella.
Mastrantoni, nonostante le faccende degli abusi presunti o veri che fossero, amministrò con sagacia ma per rivincere fu necessario l’accordo con i Popolari che soffocò gli altri pretendenti e tenne stretto sullo scranno più alto di Palazzo Simoncelli l’allora direttore didattico; cerimonieri dell’accordo, Peppe Onorati e Lino Diana. Il rosso diventò improvvisamente sbiadito.
Poi la vittoria di Rotondi su Cervoni e la gouche nostrana che decide di affidarsi al socialista Piero, un parroco abile e scaltro, per prevalere in un paio di consultazioni.
Improvvisamente, i postcomunisti, orfani del socialismo reale o ideale, si sono trovati in brache di tela.
Ha vinto le elezioni Enzo Perciballi, tesserato del Pd, direte voi. Ed il vice sindaco è Benvenuto Fabrizi, uomo del
Pd anche lui. Si, soltanto per dare un senso alla loro lista, poveracci, hanno dovuto ripiegare le bandiere del partito fu renziano per recuperare consensi.
Sono rimasti quattro gatti ad esaltare i luoghi comuni del perbenismo, del politicamente corretto, le prediche moralistiche, l’antifascismo (in assenza di fascismo, pratica ridicola), l’accoglienza dei negri, lo ius soli e roba simile che sta a cuore a una piccola minoranza di fighetti che se la tirano da intellettuali illuminati.
A Boville non li ascolta più nessuno, per fortuna. All’ombra dell’Angelo di Giotto il PD è un morto che parla e di questo passo, a breve non avrà più neanche la voce.
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