domenica 3 giugno 2018

L'equivoco del "cambiamento"

Il grande equivoco, la nemesi storica sta nella parola “cambiamento” ma in questo caso la parola “equivoco” è da considerarsi come un aggettivo. Non come un sostantivo. 

Nella Boville post berlusconiana, il dopo Piero è anche questo. Il cambiamento. Con l’uso equivoco della parola, consentito con complice allegria da una parte dall’elettorato. 

L’anagrafe, l’ambizione personale, la fine dei protettorati garantiti nelle segreterie dei partiti da Frosinone; tutto questo ha portato alla composizione di quattro delle sette liste all’interno dell’ipotetico raggruppamento del centrosinistra. Dieci anni fa infatti stavano tutti insieme. Renato, Orlando, Enzo e Memmo. 

Il perimetro era quello del centrosinistra, uno spazio politico che ora non esiste più, se non per la comodità della narrazione giornalistica. Ora tutti gli schemi sono saltati, il livello del dibattito politico è sceso. Non si capisce se la maggior parte di loro faccia più danni quando copia intere pagine di programmi o quando pensa con la propria testa. Molto spesso con idee contrastanti. 

Cambiamento? Rinnovamento? Ma quando mai. Col nuovo millennio il “rinnovamento” lo abbiamo visto solo nel linguaggio politico, prima alla ricerca degli imprenditori che andavano per la maggiore nelle costruzioni, poi nella corte spietata al ceto medio impoverito che spesso ragiona di riflesso e vorrebbe riportare indietro le lancette dell’orologio . Come Benjamin Button. 

Oggi queste ondate si incontrano puntualmente, quasi vagheggiando il ritorno all’età dell’oro, dei fuochi d'artificio, delle feste grosse, dei cantanti con il gran nome. 

Boville è cambiata. Finiti i soldi per le feste e la farina non resta che la forca. Chissà che succederà.

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